Maremoto. Ma esiste davvero questo rischio in Campania?
Si sta diffondendo in Campania – sopratutto a seguito delle eruzioni dello Stromboli – la paura di un catastrofico maremoto, simile a quello descritto dal Petrarca. Ma c’è davvero questo rischio? Ma, prima di andare avanti, una noterella autobiografica.
Nel 2013, alla Direzione Protezione civile della Regione Campania, mi occupavo di piani di emergenza e di esercitazioni. Mi fu chiesto, quindi, di occuparmi di TWIST (Tidal Wave In Southern Tyrrhenian Sea) una esercitazione di Protezione civile cofinanziata dall’Unione Europea che ipotizzava un catastrofico maremoto (detto “tsunami”) che si abbatteva sulle coste salernitane. Un catastrofico maremoto in Campania? Nel pur dettagliato Catalogo degli tsunami euro-mediterranei non se ne trovava traccia e cominciai a domandare in giro (ottenendo delle risposte qui non pubblicabili) perché mai una così grande (e costosa) esercitazione per maremoto prevista per il Tirreno meridionale non si occupava delle coste di Reggio- Messina (teatro, come è noto, del catastrofico maremoto del 1908 che si portò via circa centomila persone) ma bensì delle coste campane. Forse una interrogazione parlamentare avrebbe potuto far chiarezza.
Essendo stato ignorato messo dal locale Movimento Cinque Stelle (per il quale pure mi ero speso in iniziative connesse al rischio vulcanico e sismico) l’interrogazione da me scritta fu presentata da un loro ex senatore. Anche per questo, l’interrogazione, non ebbe alcuna risposta in parlamento. Non così sui giornali locali che pretendevano di attestare la bontà di quella esercitazione sbandierando la brochure della mostra “Dopo lo tsunami”, tenutasi a Salerno nel 2011; mostra che, al di dell’accattivante titolo, si riferiva ad un villaggio paleolitico seppellito da una frana.
Oggi per supportare l’allarmismo tsunami in Campania, oltre ad evocare il fantomatico “maremoto nel basso Tirreno del 30 dicembre 2002, prodotto dallo Stromboli”, si ricorre ad uno studio archeologico e stratigrafico, condotto – si badi bene – a Stromboli, non sulle coste campane (dove non c’è nessuna evidenza di un maremoto) e, sopratutto, prendendo come Vangelo una lettera del Petrarca del 1343. Sull’attendibilità di questo testo non c’è che da leggersi quanto scritto da Emanuela Guidoboni, certamente la più autorevole studiosa di terremoti antichi. Da parte nostra, ci limitiamo a domandarci come mai delle descrizioni del Petrarca:
“Buon Dio, quando mai si udì qualcosa del genere? I vecchi marinai sostengono che non ci sia altro esempio. Proprio in mezzo al porto era un orribile e triste naufragio; le onde avevano spinto contro le rocce i miseri che sparsi per il mare cercavano di aggrapparsi alla vicina terra con le mani e li avevano massacrati come tenere uova. Il porto era tutto pieno di cadaveri mutilati ed ancora palpitanti: qui galleggiava una testa, là delle viscere. E tra queste cose il grande strepito degli uomini e le tante grida di dolore delle donne, che sovrastavano il fragore del cielo e del mare. Si presentava la rovina delle case, delle quali molte erano state distrutte dalla violenza dei flutti; per i quali non esistevano, in quel giorno, limiti o rispetto per l’opera umana o della natura: avevano infatti travalicato i confini stabiliti e le coste consuete; e tanto grande era la massa di uomini che si era ammassata […] quanto ogni vicina regione del mare era sommersa di onde. Là si erano raccolti mille o più cavalieri napoletani, come ai funerali della patria; ed io mescolato alla folla, già cominciavo un po’ a temere di morire in mezzo a tanta confusione, quando improvvisamente si levò un nuovo clamore. Il luogo in cui ci trovavamo stava crollando, vinto dai flutti che penetravano da sotto; fuggimmo in un luogo più sicuro. […] Mille montagne di onde si muovevano tra Capri e Napoli; lo stretto appariva non ceruleo o nero, come di solito appare nelle grandi tempeste, ma orribilmente bianco come schiuma di cani rabbiosi (. ..) “
… e della successiva distruzione di navi e barche non si trova alcuna traccia negli archivi di Napoli (o di Amalfi o Salerno).
Si, ma perché questo nostro articolo? Perché tra breve dovrebbero arrivare i fondi previsti dal Sistema nazionale di allerta maremoti. Speriamo che per Messina e Reggio Calabria, (che, quest’anno, hanno ospitato quella che è stata definita “una pezzente esercitazione di Protezione civile”, di certo non paragonabile a quella, sontuosa, di Salerno del 2013) resti qualche euro.
Francesco Santoianni
Articolo già pubblicato su Pecorarossa.it